Il testamento politico di Amos Oz. Una pacata e profonda ricognizione sul presente attraverso gli strumenti letterari. Ci sono tratti autobiografici, c’è il racconto della propria formazione e dei traumi che l’hanno segnato, ci sono considerazioni politiche e c’è una visione del futuro che si riassume splendidamente nella frase guida di tutto il libro: “Resta ancora tanto da dire”.
Il 2 giugno 2018, all’Università di Tel Aviv, Amos Oz tiene la sua ultima conferenza. Gravemente malato e consapevole della sua imminente fine, le sue parole risuonano come un testamento politico. Fervente difensore della pace, invoca la soluzione dei due stati in Medio Oriente, leitmotiv del suo lavoro e delle sue lotte. “Se non ci saranno qui, e piuttosto presto, due stati, allora ce ne sarà uno solo. E se dovesse sorgere qui un solo stato, non sarebbe uno stato binazionale. Sarebbe, prima o poi, uno stato arabo dal Mediterraneo al Giordano.” Amos Oz da sempre mette in evidenza il pericolo per il popolo ebraico di rimanere una minoranza. Perspicace, mostra tuttavia un inscalfibile ottimismo, ed esorta il popolo israeliano a prendere in mano le redini del proprio destino perché, usando un’espressione dello scrittore Yosef Haim Brenner, “resta ancora tanto da dire”.