Narrando la cronistoria di un avvenimento doloroso ma anche umanamente e politicamente trasformativo, Ernaux innalza la sua voce esattissima, e per questo irrefutabile, contro i silenzi, i ricatti e le ipocrisie delle istituzioni e delle coscienze, e ci disvela un episodio rimosso del suo grande affresco autobiografico.
«Ernaux riesce di nuovo a immergersi nel suo passato e tradurlo in un racconto collettivo, districandosi con soave ma lucida ferocia tra ciò che concerne la legge, la vita e la morte. Ma soprattutto l’essere madre.» – Sette
«Un’altissima, universale dichiarazione d’amore per la scrittura, quasi un manifesto della sua necessità.» – Tuttolibri
«Il vero scopo della mia vita forse è solamente questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri divengano scrittura.»
Nel 1963, in seguito a un’analisi del sangue, Annie Ernaux scopre di essere incinta e decide di interrompere la gravidanza. L’aborto è illegale in Francia – addirittura la parola stessa è bandita, non ha un suo «posto nel linguaggio» – e la giovane Annie è costretta a seguire vie clandestine. La lotta per questo diritto non ancora divenuto tale e lo scontro con un universo clinico e sociale «che impedisce alla donna di dirsi e di pensarsi» sono al cuore di questo spietato libro della grande autrice francese.