«Per lei, che, con William Faulkner, crede che “il passato non è mai morto, anzi non è neppure passato”, la memoria non è un dovere, ma una necessità, un bisogno, qualcosa di indispensabile per poter giudicare.» Sabina Loriga, “Diario del Mese” gennaio 2003
Un libro scomodo che pone domande che non avremmo mai voluto porci e che dà risposte che non hanno la rassicurante certezza dei ragionamenti manichei. Un libro che per questo provocò, al suo comparire, nel 1963, accese discussioni e pesanti critiche all'autrice.
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
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Autore
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Editore
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Collana
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Anno
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Formato
320 p., Brossura
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EAN
9788807883224
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prezzo
10.45€