Finalista Premio Strega 2015 - Presentato da Serena Dandini e Roberto Saviano
Forse il segreto del successo di Elena Ferrante è un semplice fatto emotivo: ciascuno di noi, leggendo i suoi romanzi, si convince di sapere chi è l’autore, chi si nasconda realmente dietro a questo nom de plume. Più si procede nella lettura, più ci si immerge nel magma delle parole, più ci si accorge che quel nome ci sta sfuggendo di un soffio. Forse, alla fine, Elena Ferrante non è semplicemente un nome fittizio dietro cui si nasconde chissà quale grande autore italiano, ma è l’ombra dietro cui si cela la nostra coscienza di lettori, tutti ossessionati dalla stesso male, la paura di lasciare tra le righe una parte di noi. Può essere il timore di cedere a tentazioni piccolo-borghesi, come succede a Lila, o la paura di ambirvi, come capita ad Elena, o semplicemente la consapevolezza di ciascuno di noi che, mentre accresce il suo livello di conoscenza delle cose, inevitabilmente, perde la sua innocenza. Mano a mano che Elena, la colta protagonista di questa storia, si emancipa, studia, frequenta gli ambienti accademici e letterari lasciandosi alle spalle Napoli, il rione, la camorra, la miseria e la violenza, perde l’innocenza, la capacità istintiva di mettersi in contatto con le persone, e alla fine, inesorabilmente, perde anche lei, Lila, la sua amica geniale.
Giunti al quarto e conclusivo volume della serie, diventa chiaro il filo conduttore al quale l’autrice vuole ricondurre tutta la vicenda. Le due amiche d’infanzia, Elena detta Lenù e Lina detta Lila, dopo una vita passata a lottare, ciascuna a suo modo, contro la grettezza di un rione che le considera delle mine vaganti, donne consapevoli, e contro l’arretratezza di famiglie trincerate dietro giudizi che spezzano in due, sono diventate adulte. Elena, che malgrado tutto ha avuto la possibilità di studiare e di laurearsi alla Scuola Normale di Pisa, è diventata una scrittrice con una certa fama. Ha sposato un intellettuale comunista, figlio di una nobile stirpe accademica, gli Airota, da cui ha avuto due figlie, ha frequentato gli ambienti sindacali e operai, ha scritto diversi interventi sulle pagine dell’Unità e si è fatta una certa fama di femminista impegnata nel sociale.
Alla fine del terzo volume, avevamo lasciato Elena intenta a sbaragliare tutta la sua vita. Per inseguire Nino, il suo amore di sempre, aveva lasciato il marito e la sua esistenza agiata a Firenze per rientrare a Napoli e vivere a pochi passi dalla sua amica geniale. Lila invece, da quel quartiere malfamato, non era uscita mai. Malgrado la sua intelligenza brillante, la sua capacità di arrivare al nucleo delle cose anni luce prima degli altri, non aveva avuto la possibilità di studiare, si era fermata alla quinta elementare ed era stata a sedici anni una giovane moglie e madre. La sua vita si era fermata sullo stradone, l’unico che collegava il rione alla città. Mentre Elena, durante le sue peregrinazioni, raccontava la vita nei suoi romanzi, Lila il romanzo lo viveva. Mentre Elena commentava e indagava le ragioni della rivoluzione sessuale e giovanile, Lila la provava sulla sua pelle. Tra le violenze continue e i soprusi dei fratelli Solara, che controllavano coi loro traffici il rione, Lila si era lentamente affermata, si era separata, aveva fatto la designer di moda, poi era fuggita e aveva iniziato un orrendo lavoro in fabbrica. Infine era riuscita, grazie alla sua intelligenza, a fondare una delle prime aziende di informatica in Italia, scoprendosi imprenditrice. Ma il progetto di Lila, quello di sostituirsi ai malavitosi locali con la sua azienda e con il suo carisma, non può attuarsi senza l’aiuto di Elena, che partecipa attivamente alla guerra per salvare il rione dalla camorra denunciando sui giornali crimini e connivenze, usando finalmente la sua influenza duramente conquistata. È l’ultima fase di un rapporto lungo una vita, l’età matura, gli anni Ottanta e Novanta, il periodo in cui le due amiche ritorneranno ad alimentare la loro particolarissima simbiosi. Anche le loro due figlie, le ultime arrivate, nasceranno e cresceranno insieme nel rione, come le loro madri da bambine. Sarà un periodo difficile eppure esaltante, prima che Lila scompaia improvvisamente, senza lasciare traccia, dal ricordo di tutti.
La quadrilogia dell’Amica geniale è un romanzo che non somiglia a nessun altro. È un libro che si può scrivere solo alla fine di una vita, di una “certa” vita, con il distacco necessario. La voce narrante del romanzo tocca delle vette altissime di complessità, la narrazione è sontuosa, i personaggi vividi come quelli delle favole noir, i sentimenti ingarbugliati, spesso insondabili, terribilmente veri. Un romanzo che ha in sé una forza ondivaga, ma anche un potente sostrato metaforico che lo inserisce all’interno della grande letteratura, proprio come hanno affermato a più riprese le grandi testate giornalistiche statunitensi, New York Times, Wall Street Journal, New Yorker che si sono espresse in maniera encomiastica nei confronti della nostra Elena Ferrante. Leggere tutta la sua opera significa cogliere il suo genio, ma anche il genio della cultura italiana, che si può contaminare, allontanare, perdere per qualche tempo, ma mai sparire davvero.