Un anno da Draghi. La metamorfosi di un banchiere continua l'approfondimento iniziato con L'enigma Draghi e racconta come il Draghi presidente del Consiglio ha archiviato con sorprendente disinvoltura il Draghi banchiere e tecnocrate. Con la premiership Draghi ha chiuso una carriera straordinaria all'ombra dei poteri finanziari mondiali, iniziata come direttore del Tesoro e proseguita come governatore della Banca d'Italia, capo della BCE e "salvatore" dell'euro. Adesso appare in pole position nella corsa al Quirinale.
Negli undici mesi a capo del governo Draghi ha messo il suo metodo, inconfondibile e machiavellico, usato nel periodo per il controllo dei mercati, al servizio della politica. La condotta del premier è stata straordinariamente simile a quella usata negli anni della BCE. È entrato sulla scena della politica in punta di piedi; ha fatto leva sulla fitta rete di relazioni costruita nel tempo con abile discrezione; dove questa mostrava delle falle le ha chiuse. Ha incontrato segretamente Massimo D'Alema e pubblicamente Luigi di Maio, due personaggi (soprattutto il primo) potenzialmente ostili. Nel formare il governo di coalizione ha scelto la strada dei due livelli: una squadra di ministri tecnici a lui fedeli nelle posizioni chiave lasciando ai partiti il resto. Passo dopo passo ha consolidato il suo potere e con piglio decisionista ha rivoluzionato la struttura di gestione della pandemia e messo alla frusta i tecnici nella preparazione del PNRR. Certamente il varo del PNRR e la lotta alla pandemia sono due successi che portano la sua firma agli occhi dell'opinione pubblica. La sua autorevolezza internazionale non è bastata tuttavia a europeizzare il problema immigrazione. Non sono mancate anche gaffe (Erdogan dittatore, brava la guardia costiera libica). Draghi è arrivato a Palazzo Chigi grazie alle debolezze del Conte II e sull'onda di una pressione politica e mediatica fortissima. Le sue uscite pubbliche dopo avere lasciato la BCE a fine ottobre 2019 (articolo sul «Financial Times», discorso di Rimini e documento del G30) sono state talmente chirurgiche e temporalmente scandite da dare adito al sospetto che la sua investitura fosse in gestazione da tempo. Certamente Giorgetti per la Lega e Renzi per Italia Viva vi hanno contribuito. Vista la persistente fibrillazione della politica italiana, passata da un governo giallo verde a uno giallo rosso, e la sua incapacità ad affrontare i problemi del Paese, Mattarella non può non avere pensato che Draghi fosse una carta spendibile. Senza dubbio la sua nomina non è stata sgradita a Bruxelles. Col tempo anche l'immagine di Draghi si è trasfigurata da quella di austero banchiere in consumato player politico. Col tempo l'uomo è sembrato cominciare quasi a divertirsi nel nuovo ruolo. I commentatori politici inizialmente un po' scettici hanno compreso che Draghi è il più politico dei tecnici e il più tecnico dei politici, una combinazione che ne ha reso la posizione fortissima. Il libro racconta i retroscena della cavalcata di Draghi ai vertici della politica negli undici mesi a Palazzo Chigi: gli incontri, i rapporti con le diverse forze politiche e i loro leader, il ruolo potente dei consiglieri più fidati e nell'ombra, i suoi segreti obiettivi.
Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio
ISBN 9788832964943