In perfetta contemporaneità con l'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, a Milano Leonardo da Vinci cominciava a disegnare i suoi studi di teste deformi, di espressioni facciali portate al parossismo, di fisionomie caricate e grottesche. È un corpus imponente di disegni che hanno avuto in passato una larghissima fortuna e sono stati spesso interpretati, erroneamente, come caricature ispirate da gusto per la bizzarria. Ma già nel 1584 Giovan Paolo Lomazzo nel suo Trattato della Pittura notava che Leonardo "ben dimostrò quanto perfettamente intendesse i moti, che l'animo suol cagionare nei corpi", e proprio con questi disegni il genio leonardesco ricercava le relazioni fra i "moti dell'animo" e le loro manifestazioni sui tratti somatici di un viso. Le suggestioni della fisiognomica classica e medioevale, che da Plinio ad Alberto Magno aveva teorizzato una corrispondenza fra l'aspetto di un uomo e il suo carattere, e il contatto con il realismo artistico dell'area lombarda, che spinse il maestro a intraprendere studi di anatomia, dettero a queste teorie una concretezza del tutto originale e una complessità modernamente problematica: i disegni che ne nacquero gettarono le basi di una fisiognomica intesa come scienza e di una pittura vista come specchio dell'anima. Quasi in solitudine, ma interpretando gli sparsi disagi del suo tempo di crisi, l'autore del Cenacolo arriva a un passo dalla scoperta di un continente sconosciuto: il continente dell'Inconscio.
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