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Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone

Libri vari / Saggistica

Autore: Augias Corrado

Editore: Rizzoli

Collana: Saggi italiani

Anno:

EAN/ISBN: 9788858623626

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In novant'anni di storia, dal 1922 al 2011, abbiamo avuto il Ventennio fascista e il quasi-ventennio berlusconiano: per poco meno di metà della nostra vicenda nazionale abbiamo scelto di farci governare da uomini con una evidente, e dichiarata, vocazione autoritaria. Perché? Una risposta possibile è che siamo un popolo incline all'arbitrio, ma nemico della libertà. Vantiamo record di evasione fiscale, abusi edilizi, scempi ambientali. Ma anche di compravendita di voti, qualunquismo: in poche parole una tendenza ad abdicare alle libertà civili su cui molti si sono interrogati. Da Leopardi a Carducci che dichiarava "A questa nazione, giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca del tutto l'idealità", fino a Gramsci che lamentava un individualismo pronto a confluire nelle "cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte". Per tacere di Dante con la sua invettiva "Ahi serva Italia, di dolore ostello!" e di Guicciardini con la denuncia del nostro amore per il "particulare". Con la libertà vera, faticosa, fatta di coscienza e impegno sembriamo trovarci a disagio, pronti a spogliarcene in favore di un qualunque Uomo della Provvidenza. Questo libro, un'indagine colta e curiosa su una pericolosa debolezza del nostro carattere, è anche un appello a ritrovare il senso alto della politica e della condivisione di un destino. La libertà, intesa come il rispetto e la cura dei diritti di tutti, non è un'utopia da sognare ma un traguardo verso cui tendere.
La recensione di VENPRED
Sono le parole di Piero Gobetti, Italo Calvino e Corrado Alvaro le prime citazioni che compaiono in questo agile e appassionato saggio di Corrado Augias, tutti uomini portatori di un esemplare buonsenso. “La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società” scriveva il noto romanziere calabrese all’inizio del Novecento “è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”. La citazione è lapidaria, eppure non è disperata la voce di Augias quando, proseguendo nel solco della tradizione di questi grandi pensatori italiani, si cimenta nel difficile compito di fare il punto della situazione dei costumi, o meglio, del “malcostume” italiano. Partendo dal peccato originale del popolo italiano, cioè dalla sua naturale tendenza a spogliarsi della propria libertà personale in favore del potente di turno, Augias analizza le fasi salienti della recente storia italiana, riprendendo i concetti chiave del risorgimento e attualizzandoli.
Libertà, patria, dignità, idealismo, nazione. Quanto sono validi ancora questi concetti e quanto possono essere utili ad indirizzare le nostre azioni quotidiane? La riflessione di Corrado Augias è a tutto tondo e procede attraverso una interessante riflessione filosofica, a partire dal noto saggio di Etienne de La Boétie Discorso sulla servitù volontaria appena ristampato anche in Italia. La riflessione di partenza del giovane patriota francese è che i popoli decidono spesso di rinunciare alla propria libertà e di affidarsi a un tiranno non perché costretti da una forza più grande, ma quasi volontariamente, perché “incantati e affascinati dal solo nome di uno”. Un fenomeno psicologico difficile da comprendere, a meno di non svelare i meccanismi sottili che sottendono le reti di relazioni tra i poteri e la fitta coltre di relazioni che legano il capo alla sua corte.
Comprendere le ragioni dell’insofferenza italiana nei confronti del potere significa, per citare Maurizio Viroli, comprendere la differenza tra la “libertà dei servi” e la “libertà dei cittadini”: La libertà dei servi o dei sudditi consiste nel non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini. La libertà del cittadino consiste invece nel non essere sottoposti al potere arbitrario o enorme di un uomo o di alcuni uomini. È il “dispotismo mite”, come direbbe Alexis de Tocqueville, a consentirci di non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini “particolari”. Un potere “assoluto, previdente, mite, rassomiglierebbe all’autorità paterna se come essa avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre invece cerca di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano purché non pensino che a divertirsi”.
Una situazione che ci pare tremendamente nota, malgrado le parole di Alexis de Tocqueville siano state scritte in occasione della rivoluzione americana, quasi duecento anni fa. Corrado Augias è abile a ricordarci quanto siano state acute, in passato, le riflessioni intorno al concetto di potere e democrazia e, senza usare mezzi termini, ci induce a pensare a vecchi e nuovi dispotismi nostrani. I punti di contatto tra l’autoritarismo mussoliniano e quello berlusconiano, ma anche le profonde differenze, la miopia che ha caratterizzato molte decisioni politiche prese negli ultimi anni, vengono qui chiariti attraverso il solito linguaggio schietto e accessibile che ha reso celebre il giornalista italiano.


  • Formato
    2012, 168 p., rilegato
  • EAN
    9788858623626
  • prezzo
    12.11€

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